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Ho deciso che è ora di chiudere questa parentesi dei pensieri dalla quarantena, di chiudere con il mio ultimo pensiero.

È stato un bel modo per rendere indelebili le mie riflessioni e per consegnarle al tempo che verrà. Qui, anche tra qualche anno avrò la possibilità di leggere questi pensieri.

Ma ora è arrivato il momento di voltare pagina. Se c’è da ripartire è giusto non voltarsi più indietro, almeno con le idee e con il lavoro. Questa settimana dunque sarà dedicata a chiudere i progetti iniziati che mi coinvolgono e poi si guarderà soltanto al futuro scrivendo di speranza e di un nuovo mondo. Si spera.

Chiudo dunque questa rubrica, mettendo insieme la prima mia riflessione scritta su Facebook a metà Marzo circa e l’ultima scritta qualche giorno fa. Un collage. Non una storia, ma una fotografia colorata con le mie idee.

Buona lettura…

L’ULTIMO PENSIERO

A volte mi domando se davvero ho la giusta percezione di tutto quello che sta succedendo.
Quello che mi lascia davvero senza parole è che nel giro di un mese siamo passati dal non darci più la mano all’avere paura di quello che ti sta di fronte.
Questo allontanarci, questo toglierci la possibilità di dimostrarci gli affetti penso che lascerà il segno anche dopo che l’emergenza sarà finita.

Un’altra cosa che mi fa paura è la velocità con cui mi sono abituato a leggere i numeri della disgrazia. La velocità con cui quei numeri diventano percentuali da usare per trovare un lato positivo o un appiglio per cercare una luce in fondo al tunnel.
E invece quei numeri sono persone.
Persone.
Nomi, cognomi, vite, storie e famiglie.
Ci devo pensare, ogni volta che faccio i conti devo impegnarmi a pensare che quei numeri sono persone.

L’ altra notte ho sognato che passeggiavo in centro a Seregno e facevo zig zag da un lato all’altro della strada per evitare di incrociare le persone. A proposito di quella paura dell’altro.
Quando mi sono svegliato ho pensato che questo bastardo si sta prendendo pure i sogni.
Neanche a occhi chiusi ho avuto il coraggio di abbracciare una amica che cantava sotto la mia finestra.

Sono chiuso in casa.
Ogni sacrosanto giorno.
In pieno rispetto non delle regole, ma degli altri.

Leggo, mi informo e osservo.

Quello che più mi disturba è vedere che c’è sempre gente che guarda quei numeri da destra o da sinistra a seconda della sua idea politica, quando invece ci sarebbe un grande bisogno di essere osservati dall’alto.

Eccome se ce ne sarebbe bisogno.

In tutto questo periodo ho visto anche che in molti si sono dedicati ad una bella pulizia di contatti sui social.

Devo dire che potrebbe essere una bella pratica anche per me, ma c’è una vocina dentro che mi chiede di aspettare, di riflettere.

Intanto è giusto dire che ho sempre pensato che il credo politico di un individuo non può e non deve essere discriminante per la scelta di chi fare mio amico, pensiero che vale e che attuo sopratutto nella realtà: ovvero dove le cose contano davvero.

C’è tanta gente che non la pensa come me che stimo. Tanti amici che hanno la capacità e l’intelligenza di analizzare, confrontarsi, saper tacere al momento giusto e poi restare della propria opinione.
Essere di destra o essere di sinistra non può evitare di bersi una birra insieme al bar.

quarantena abbracci ultimo pensiero

Poi, sempre personalmente, sono uno che detesta la strumentalizzazione di qualsiasi cosa. Motivo per cui sono uscito da tutti i gruppi di paese dove anche se cade una forchetta durante il pranzo la si usa per fare la propria propaganda.
E lo dico anche riferito alle idee e alle propagande che condivido e sposo in pieno.
A tutto c’è un limite.

L’ odio e l’ignoranza invece no.

Questi due mali del nostro tempo non hanno colore, non hanno religione e non hanno un posto dove schierarsi.
Sono ovunque. Esattamente come un virus.

E quindi liberarmi di tutto questo odio gratuito, pulire la mia bacheca da tanto livore, potrebbe essere un bel passo verso la serenità.

Ma no.
Il rischio è quello di creare una bolla, un’isola felice dove si avrebbe la percezione del mondo che vorremmo e non del mondo reale. Di quello che esiste davvero.
Anche se solo dietro la tastiera.

L’ utilizzo del social come fosse le istruzioni per l’uso dei medicinali.
Un modo per guardarsi bene da chi coltivare con dedizione nella realtà.
Una pratica, questa, che in fondo viene più che naturale.

Concludendo, forse ostentando un po’ di presunzione, penso anche che magari, nonostante il rischio di ledere democrazia e libertà, un esamino tipo quello della patente prima di ottenere un profilo social, potrebbe essere introdotto.

Così, indipendentemente dalla parte in cui stai, solo per far vedere se sei capace di giocare con l’acceleratore e la frizione del cervello.

The end.