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UN ANEDDOTO DI TANTI ANNI FA TORNATO ALLA MENTE MI HA APERTO LE PORTE AD UNA NUOVA RIFLESSIONE

Proprio così, pensando a come stiamo muovendo i primi passi alla ricerca della normalità, mi è tornato alla mente un piccolo aneddoto che risale al 1998, uno di quelli esempi di iniziativa che spesso sono consoni più alle donne che agli uomini.

Ne è nato così, un nuovo pensiero dalla quarantena.

Buona lettura.

1998

Driiin Driiin.
Mia mamma: – “Stefano è per te….. una ragazza”.

Imbarazzo.

Io:  – “Pronto…”

Lei:  –  “Ciao sono xxxxxxx non so se mi conosci. Ti ho visto in vacanza quest’estate e ho saputo che sei un amico di xxxxxxx, lo conosco bene. Ho dedotto che sei anche tu di Carate Brianza e chiedendo a amici di amici di amici ho scoperto il tuo cognome. Così mi sono procurata una guida telefonica della provincia di Milano e ho chiamato tutti i Buzzi di Carate finché ti ho trovato. Sabato faccio una festa a casa mia, ti va di venire?”

Era metà settembre del 1998.

Per prima cosa, aprendo una parentesi, questo aneddoto mi da l’occasione per riflettere sulla grande ricchezza che abbiamo noi quarantenni: siamo l’ultima generazione che può ricordare e raccontare cose del genere.
Niente Facebook, niente internet, niente cellulare, ma solo un lavoro snervante che neanche l’interpol… per fare quello che normalmente fanno i ragazzi tra i 18 e i 20 anni.

Poi, aprendo un’altra parentesi, affermo il concetto che le donne sono tre passi avanti, e già lo erano negli anni novanta.
Osavano, osano e oseranno.

Ad avvalorare questa tesi, il fatto che io in quella vacanza, ero sempre felicemente accompagnato da uno di quei sogni che si vivevano soltanto durante le vacanze e poi erano destinati a diventare parole scritte su un numero incredibile di lettere spedite.

Senza cellulari.
Con i gettoni spesi alla cabina telefonica per avere una piccola privacy che in casa non poteva esserci.

Le lettere.
La forza dell’inchiostro che si fissa sulla carta diventando indelebile per sempre.
E radicarsi senza svanire dopo una ventina di post.

Ma ve la immaginate una quarantena come quella che abbiamo vissuto fino a ieri, venti anni fa?

quarantena FASE 2 1998

Senza connessione, senza Netflix, senza la possibilità di vedersi e sentirsi ogni minuto con la tecnologia.
Mi sembra che sarebbe stato impossibile resistere.

Avremmo fatto code chilometriche, come quelle che si vedono oggi ai supermercati, fuori dal distributore automatico delle videoteche.
Avremmo sventolato con orgoglio la nostra tessera della videoteca, come ultimo baluardo, come arma della nostra resistenza e della nostra resilienza.

E la distanza?

Ci pensate mai alla distanza?

A quelle coppie che oggi ancora non convivono e che per mesi non hanno potuto incontrarsi né vedersi.

E poi, ora, avranno davvero il coraggio di baciarsi per poi tornare ognuno a casa propria insieme ai propri ‘vecchi’?

Sta cambiando la nostra vita.
Cambieranno le nostre abitudini.

Mi domando quante coppie scoppieranno, quanti hanno trovato nella solitudine il proprio spazio necessario allo star bene e quanti saranno poi davvero disposti a rinunciarci.

Mi domando quanti invece, proprio grazie a questa solitudine, capiranno e definiranno il loro bisogno di essere sempre in due.

Può essere che questa pandemia metterà le radici, anche quando non causerà più tosse, febbre e raffreddore.

Causerà domande.
Tante domande.

E forse, il conforto per pensare di saper trovare le risposte, andremo a cercarlo nel passato.
In quegli anni, per esempio il 1998, in cui raggiungere le cose necessitava di qualche passo in più, in cui era bello noleggiare un film, andare alla cabina telefonica e scrivere le lettere.

Anni in cui la vita aveva un continuo bisogno di ingegno e fantasia.

Per questa fase due, e per il futuro prossimo che verrà, servirà tanta fantasia per essere felici.